Teatro dell'Oppresso fra liberazione ed omologazione
ARTICOLO PER "CITTÀ IN CONTROLUCE"
RIVISTA PIACENTINA
Teatro dell'oppresso tra liberazione e omologazione
Parole chiave: Teatro dell'Oppresso, Augusto Boal, Catarsi
Riassunto.
Si presenta in chiave descrittiva e ampia il Teatro dell’oppresso, come metodo, storicamente determinato e articolatosi in diverse tecniche, atte a lavorare con le diverse situazioni oppressive che si presentavano.
Nella seconda parte si individuano in maniera fenomenologica alcuni usi maldestri o fuorvianti del TdO, indicando rischi e travisamenti.
Infine una serie di informazioni utili per chi vuole approfondirlo.
Autore: Roberto Mazzini: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Breve biografia
Nato a Genova il 10.01.1955, si è laureato il Psicologia nel 1990 a Padova ed è iscritto all'Albo dal Marzo 1996.
Socio di cooperativa per l'inserimento lavorativo di soggetti portatori di handicap per tre anni, insegnante elementare dal 1983, ha iniziato da allora a collaborare col Centro psicopedagogico per la Pace di Piacenza, coordinato dal pedagogista Daniele Novara; in qualità di formatore ha condotto numerosi corsi di aggiornamento per insegnanti di ogni ordine e grado di scuola, su temi quali: la competenza al conflitto, l'educazione alla pace e all'inter-culturalità, l'educazione antimafia, Bambini & Futuro, la prevenzione del disagio giovanile e l'educazione alla salute.
Dal 1979 partecipa a gruppi amatoriali di teatro, segue stage di vario tipo e inizia a proporsi come animatore dal 1982.
Dal 1989 ha cominciato a introdurre nelle sue attività di formazione il metodo detto "Teatro dell'oppresso" che è diventato, col passare degli anni e soprattutto dopo il 1991, lo strumento privilegiato d'intervento. A tal scopo ha seguito seminari a Parigi tenuti dal fondatore del TdO Augusto Boal e dai suoi collaboratori del Centre du Théâtre de l'Opprimé.
Nel 1992, insieme a una decina di collaboratori ha fondato GIOLLI, associazione di ricerca e sperimentazione del TdO che è diventata, il 2.1.1997 Giolli Centro Ricerche su TdO e Coscientizzazione, con la quale svolge attualmente il suo lavoro, curando in particolare progetti di prevenzione del disagio e riabilitazione, in collaborazione con le AUSL, i Comuni, le scuole, le comunità di recupero, le associazioni più disparate.
Pubblicazioni: svariati articoli su riviste di vari settori, tra cui:
_ Mazzini, Roberto, Teatro dell'oppresso e Educazione alla pace, in: "Mosaico di Pace", n.1, sett. 1990, pp. 26-28
- Mazzini Roberto, Tanto gli adulti hanno sempre ragione. L'uso del Teatro dell'Oppresso per l'Educazione alla Pace e alla Mondialità, in "Il Crogiolo-Apprendere secondo natura", n.38, Nov. 1992, pp.22-27
- Mazzini Roberto, Teatro dell’Oppresso in un centro psichiatrico a Modena, in “PUM Progetto Uomo Musica”, n.7, Gennaio 1995.
1 INTRODUZIONE
Inizia il Forum: la scena presenta una Commissione Cultura di un paesino del bergamasco, che tenta di proporre iniziative atte a coinvolgere i giovani del paese. La reazione giovanile è negativa, gli sforzi frustrati. Il pubblico, una sessantina di persone, assiste nella prima parte alla scena, poi è chiamato a intervenire per risolvere la questione posta.
Parigi: la compagnia del CTO presenta "Scenes de chasse" ovvero, momenti di violenza nel campo dell'azione sociale, prodotto su una richiesta degli operatori sociali stessi, per indagare le difficoltà quotidiane del loro lavoro.
In una residenza fuori Bolzano, una ventina di operatori bilingui delle Botteghe del Commercio Equo e Solidale si interrogano, teatralmente, sulle difficoltà della loro esperienza.
E si potrebbe continuare con esempi ancora più diversi tra loro.
Il filo comune è l'utilizzo delle tecniche e del metodo chiamato "Teatro dell'Oppresso di Augusto Boal" (TdO).
L'articolo che segue vuole presentare il metodo e porre alcune questioni critiche, visto che il TdO si sta ormai allagando anche in Italia in vari settori e molti ne sono a conoscenza e lo utilizzano nella loro prassi di animatore, insegnante, operatore sociale, ecc.
2 COS'É' IL TdO
2.1 Definizione possibile
Volendo darne una definizione larga potremmo sintetizzarlo in questa frase:
il TdO è un metodo teatrale aperto creato per aiutare gli oppressi a cambiare le situazioni concrete di oppressione.
Anzitutto segnaliamo che è un metodo, quindi non semplicemente un insieme di tecniche scollegate, ma un corpo unico attraversato da un approccio comune che si fonda, in specifico, sulla coscientizzazione freiriana, sulla globalità corpo-mente-emozione, sulla precedenza all'azione con successiva riflessione, su una concezione antropologica specifica (l’uomo come serbatoio di potenzialità infinite di esistenza, ma anche come “prodotto sociale”).
Inoltre è un metodo teatrale, cioè basato su tecniche di messa in scena, di recitazione, di espressività corporea, di regia, ecc. quindi sostanzialmente basato sul linguaggio teatrale.
É Aperto: in quanto evolve continuamente, anche con rotture e cambiamenti, sia per i mutamenti sociali e storici, sia per l'interazione con altre realtà, che per il collegamento con altri approcci.
É stato creato per aiutare gli oppressi, quindi fa una scelta di campo, lavora con gli oppressi (anche se la definizione si è via via allargata e relativizzata) non per insegnargli la verità, ma per aiutarli a trovare la propria specifica strada.
Aiutarli a cambiare, quindi l'accento non è sulla descrizione, sulla riflessione, sull'analisi, ma sul cambiamento della realtà.
Cambiare le situazioni concrete di oppressione: quelle che vivono ogni giorno, non le astrazioni quali la società, il capitalismo, la scuola, ecc.
Già dalla definizione che proponiamo come sintesi del TdO emergono una serie di questioni di grande rilevanza ancora oggi:
chi è oppresso? Cos'è l'oppressione? Come si individua? Che rapporto c’è tra TdO e politica? E terapia? E azione educativa e sociale?
2.2 Scopi: l'essere teatro.
Il TdO nasce dall'interrogarsi sull'uso politico del teatro, cioè l’uso dell'arte come mezzo di conoscenza e trasformazione. I primi tentativi di risposta portano Boal e il suo gruppo a cambiare i contenuti delle opere (da autori stranieri a brasiliani; da temi lontani a questioni legate alla società attuale...) poi i luoghi e il pubblico (dagli edifici istituzionali ai villaggi di campagna; dall’élite intellettuale ai contadini analfabeti...). Ma Boal abbandona presto il teatro politico di propaganda e compie la svolta significativa che caratterizzerà questo metodo: cambia il rapporto pubblico-attori e riscopre/amplifica la transitività della scena.
Il TdO è uno dei più consistenti esperimenti per rendere attivi gli spettatori, per trasferire il potere degli attori sempre più al pubblico, per lavorare con la teatralità della gente comune.
Una scommessa decisamente atipica, pensabile forse solo in una società come quella brasiliana, intrisa dell’ottimismo freiriano sulla capacità di auto-educarsi del popolo, sulla sfiducia di converso verso l’educazione “bancaria”, la trasmissione ideologica, la propaganda.
Gradualmente gli scopi si precisano:
A--- lo sviluppo della naturale teatralità umana ovvero dell'"essere teatro"
B--- la riappropriazione degli strumenti teatrali di produzione da parte del popolo
C--- l'analisi e la trasformazione delle situazioni oppressive.
Rispetto al primo punto Boal distingue tra "essere teatro" che ritiene peculiare dell'uomo (in quanto equipara tale capacità a “l’auto-osservarsi in azione") e il "fare teatro" che è proprio di alcuni professionisti. L'"essere teatro", l'autocoscienza, è la base che permette all'uomo di dirigere il proprio destino, di reinventare il passato, di progettare il futuro utilizzando la memoria e l'immaginazione. <Vedersi in azione> vuol dire essere dicotomici: un Io che agisce e un Io che mi/si osserva agire; e questo è ciò che si ripromette il TdO, situando lo spettatore in situazioni di protagonismo, in cui essere attore, incoraggiando e magnificando quindi questa dualità.
Oltre al teatro, altri linguaggi quali il gioco, le lingue, il disegno, l'arte in genere, sono medium (Mc Luhan) che permettono all'uomo di oggettivare la propria esperienza, di distanziarsi cognitivamente e affettivamente dalla realtà (Bonino), di emergere da essa (Freire) per padroneggiarla meglio.
Pare tuttavia a Boal che il teatro sia una sorta di sintesi dei vari linguaggi, un concentrato di potenzxialità; anche perché il teatro usa tutti gli elementi comunicativi della vita quotidiana (parola, voce, gesto, abbigliamento...) anche se con maggior consapevolezza comunicativa e rigore di quanto siamo soliti fare.
B--- La riappropriazione collettiva degli strumenti di produzione teatrale, che echeggia una tesi di Marx, vagheggia un futuro in cui il teatro tornerebbe, come alle origini, in mano alla comunità; non più attività separata, ma mezzo di auto-espressione.
Sorgono qui una serie di difficoltà, sia contingenti (ci sono tendenze all’autorganizzazione sociale, oggi? Alla riappropriazione del potere di educare, curare, produrre, ecc. da parte della comunità?) che storiche (è possibile immaginare una tendenza inversa alla specializzazione che imperversa in ogni campo del sapere e dell’organizzazione sociale? O è solo un controsenso storico?).
Nonostante questi dubbi, credo che parte del metodo e alcune tecniche possano effettivamente diventare patrimonio di gruppi sociali organizzati ed elevare quindi il grado di “capacità umane”.
La scommessa è aperta.
C--- Rispetto al terzo ordine di scopi, essi sono centrali in un corretto lavoro di TdO, perché esso non scivoli nel “tecnicismo” ma abbia sempre ben presente che un concreto obiettivo di lavoro è quello di diminuire il livello dell’oppressione.
2.3 Storia: dal Brasile all'A.I.T.O. fino al Teatro-Legislativo.
Il fondatore del TdO è il brasiliano Augusto Boal che diventa nel 1956 direttore del Teatro Arena di San Paolo(1); egli comincia una ricerca teatrale, estetica e politica che lo porterà da Stanislavskij(2) a forme teatrali di intervento su oppressioni più psicologiche, fino a tornare a sviluppi più politici nel Brasile di oggi.
Lo sviluppo di questo teatro "politico"(3) si intreccia con le forme di teatro e la cultura popolare locali, nonché con le esigenze immediate dettate dalle condizioni del Brasile e poi, via via, degli altri paesi incontrati.
Il TdO vero e proprio inizia al tempo del grande movimento dei Circoli di Cultura Popolare ispirati alla coscientizzazione di P.Freire(4) che verranno stroncati dal golpe del 1964.
Nel 1971, dopo essere stato incarcerato e torturato, Boal viene espulso dal Brasile. Si ritrova in Argentina, da dove continua a elaborare la sua opera, in diverse situazioni del Sudamerica, inventando nuovi strumenti per far fronte alle diverse forme di oppressione e ai contesti in cui si trova ad operare.
In questo periodo collabora anche a una campagna di alfabetizzazione in Perù, utilizzando il TdO per far esprimere i campesinos sulla propria realtà; si lavora nella comunità, per aiutarla a prendere coscienza della realtà, a levarsi dall'immersione nel mondo, per aiutarla ad andare verso la sua "inserzione critica" (direbbe Freire) nel mondo.
Intorno al 1976 approda a Lisbona e nel 1978 a Parigi, dove dà vita a un centro che sperimenta le sue tecniche. Resta in Europa (conducendo numerosi stage che lo faranno conoscere) fino al 1986, quando la situazione politica brasiliana muta e gli permette di tornare nel suo paese, dove viene anche eletto alla Camera dei Vereadores di Rio de Janeiro.
Attualmente il TdO è diffuso in parecchi paesi del mondo; nel 1991 a Parigi si è svolto un Festival internazionale con gruppi europei e non. Festival replicato nel 1993 a Rio con la partecipazione di 15 gruppi, dall'Asia al Nord-America, dall'Africa all'Europa.
I più recenti sviluppi del TdO vedono Boal impegnato a Rio nella sperimentazione del Teatro Legislativo; un tentativo, come dichiarò nell'intervista del Luglio 1994 di
<<creare una democrazia transitiva, a metà tra quella diretta e quella rappresentativa, dove il popolo possa dire la sua parola, sui problemi che vive. Col TdO cerchiamo di raccogliere le soluzioni che il popolo propone e tradurle poi in proposte di Legge. Viceversa, sulle questioni che si dibattono nella Camera de Vereadores di Rio, cerchiamo di farle conoscere in piazza col TdO>>.
In Italia Boal viene negli anni '76-77, partecipa a Festival e conduce stage; poi scompare dalla scena italiana per diverso tempo. Un forte impulso alla diffusione del TdO è stato dato nel 1988 con l’organizzazione di tre stage condotti da un animatore del C.T.O. di Parigi, grazie ai quali il TdO è conosciuto ora anche da noi, in diversi settori. Nel 1992 nasce l'associazione GIOLLI che contribuisce a diffondere il TdO soprattutto in area nonviolenta e poi tra gli operatori sociali. Nel 1993-4 Boal torna in Italia a condurre quattro stage, escono due suoi libri tradotti, GIOLLI amplia il suo intervento (corso biennale di formazione al TdO, Festival dei Gruppi Locali, interventi sempre più estesi e contatti con l'estero) e nascono vari gruppi locali che usano il TdO sul proprio territorio.
La domanda di TdO è crescente nei paesi occidentali e alcuni operatori si interrogano sul perché; a quali bisogni va incontro, per quali motivi ha successo, che conseguenze ne paga, ecc.
2.4 Concetti chiave e alcune ipotesi.
In un suo testo tradotto(5), Boal prova a sistematizzare una serie di ipotesi base che potrebbero costituire un abbozzo di epistemologia del TdO, un <programma costruttivo di ricerca>(6), la cui “verifica” è subordinata non a prove di laboratorio, ma ad una diffusa pratica sociale.
Il TdO è in una costante ricerca degli strumenti (teatrali) migliori per affrontare le oppressioni via via identificate dalla pratica sociale.
Ecco qui alcuni dei concetti basilari, per il cui approfondimento si rimanda a testi vari(7)
--- OPPRESSIONE ---
Può essere forte parlare di oppressione e soprattutto oggi, in Occidente, c'è un certo rifiuto del termine, tanto che spesso riceviamo, da più parti, la richiesta di "cambiare il nome" al TdO.
Ma cos'è un'oppressione? Chi decide che lo sia? Non è una concezione manicheista, vecchia, ideologica?
Boal ha usato varie definizioni senza precisarne nessuna: <imposizione da parte di chi usa il suo potere di ruolo, monologo, ecc.> ; quello che può parere una lacuna è invece, a mio parere, un segno della continua ricerca di adattamento, per approssimazione, per accomodamento, del TdO alla realtà diversa di oppressione, che andava man mano incontrando e della diffidenza verso le costruzioni teoriche che si assolutizzano e diventano cieche verso la realtà(8).
Il punto di partenza di un intervento col TdO non è l'analisi teorica della situazione, l'esame a priori delle oppressioni di una comunità. Il fulcro operativo del TdO consiste nell'interrogare la gente che ci vive, perché possa esprimere teatralmente le oppressioni che sente.
In coerenza con l'approccio coscientizzante infatti, il TdO non si ritiene portatore di verità da trasmettere alla gente, ma funziona piuttosto come uno specchio che rimanda i segni della realtà a chi vuole specchiarvisi.
Questa partenza dal vissuto può avere i suoi rischi di soggettivismo: le persone possono sbagliare a individuare ciò che le opprime, essere confuse dalla falsa coscienza, dirottare superficialmente su pretesti il proprio disagio, frammentare l'analisi in micro-rivendicazioni inessenziali, ecc.
E' vero d'altronde che l'approccio inverso, che parte da una profonda analisi teorica della situazione fatta dagli "esperti", rischia altresì di demotivare, di "calare dall'alto", di non avere presa emotiva e quindi di non mobilitare. Oppure peggio, di sovrapporre bisogni di élite intellettuali a quelle che sono esigenze reali.
Il TdO cerca invece di partire dall'immagine del mondo che hanno i gruppi e le persone, per dar loro occasioni e strumenti per allargarla, approfondirla, ecc.
Tuttavia i rischi restano.
Il TdO prende alcune contromisure per equilibrare un eccessivo soggettivismo:
--- la dimensione collettiva: la ricerca del TdO è fatta da un gruppo; anche se il punto di partenza è il disagio vissuto individualmente, ci si sposta gradualmente verso le oppressioni più sentite nel gruppo; tramite il cosiddetto "specchio multiplo dello sguardo degli altri" la propria analisi si confronta con quella degli altri e si approfondisce.
Qui interviene la seconda contromisura:
--- il processo: la ricerca delle oppressioni su cui lavorare porta a continui aggiustamenti. Spesso si parte da un'oppressione per arrivare a scoprire che per risolverla è necessario affrontarne altre; oppure la prima oppressione è quella più abbordabile e poi, come se fosse saltato il tappo, appaiono i disagi più fondi, quelli considerati "naturali", incurabili. Questa ricerca è già in sé un processo coscientizzante.
Un terzo elemento:
--- l'estrapolazione: le soluzioni trovate dal gruppo rispetto a un'oppressione dovrebbero essere estrapolate nella vita reale. Qui si potrebbe quindi avere una verifica e del grado di acutezza analitica raggiunta, e della reale voglia di cambiamento rispetto a quel tema.
--- Infine, nulla vieta che un gruppo che individua un'oppressione si incontri con chi considera responsabile della propria oppressione; da qui può generarsi una lotta, un compromesso, una miglior comprensione della situazione e delle ragioni reciproche, fino all'alleanza verso l'esterno.
Tutte queste contromisure mi paiono utili ad agganciare alla realtà i vissuti individuali, senza negarli a priori, ma cercando una "validazione collettiva consensuale"(9) del sentire individuale.
Può essere interessante rilevare ancora che per il TdO l'oppressione si situa ad almeno tre livelli interconnessi:
----- a livello corporeo, dove si manifesta con la maschera sociale (vedi oltre)
----- a livello psicologico, dove diviene riduzione delle potenzialità della "persona", dei suoi multiformi talenti, dei suoi variegati personaggi"
----- a livello socio-politico, dove l'oppressione è l'impedimento a esprimere i propri bisogni, la mancanza di potere, la negazione dei propri diritti, il monologo di una parte sull’altra, ecc.
Tutto il TdO mira a sovvertire questo stato di cose, teatralmente, per trovare le idee e l'energia per cambiare.
--- OPPRESSI/OPPRESSORI ---
Un'altra questione calda è la distinzione oppressi-oppressori; si presta a vari equivoci che sarebbe opportuno evitare, nel momento in cui si interviene effettivamente in un territorio, un'istituzione, una comunità. Anzitutto non si tratta di avere una visione statica e manichea della realtà, per la quale si potrebbe tracciare una netta divisione assoluta e permanente tra una figura e l'altra. Spesso ci si trova in situazioni complesse, intrecciate. Questo tuttavia non esime dal ricercare le situazioni e relazioni di oppressione che possono comunque manifestarsi, anche all'interno di una comunità apparentemente pacifica. In altre parole si tratta di fare un'analisi del potere di una specifica situazione.
Ma si tratta di un processo, durante il quale si può scoprire che l'oppressione cambia man mano di senso; inoltre è portata avanti come coscienza collettiva e non come trasmissione di verità ideologica, è una ricerca di senso, a partire dal malessere percepito soggettivamente. Pertanto, di volta in volta, oppresso e oppressore potrebbero scambiarsi le parti, a seconda delle situazioni e dei ruoli. Oppure l'oppresso può, a sua volta, diventare l'oppressore di altre figure. Nulla di staticamente definito a priori ma una ricerca collettiva sulla qualità della vita.
Alcuni operatori TdO si interrogano su questa visione conflittuale e dialettica del mondo, sulla coerenza col femminismo, con la Nonviolenza, con l’approccio sistemico-relazionale.
--- MASCHERA SOCIALE ---
E' concepita da Boal come l'insieme delle meccanizzazioni (stereotipi, abitudini motorie, percettive, relazionali...) che derivano dal nostro ruolo sociale prioritario e conducono a una limitazione delle capacità espressive, a una riduzione dei multiformi talenti(10), delle diverse intelligenze(11):
<Un generale mangia, beve, dorme, cammina, fa l'amore come tutti i generali... un contadino...>(12)
La “maschera sociale” si costruisce nell'interazione sociale ripetuta, in particolare durante i “riti e rituali sociali”, cioè quelle forme di incontro che si sono cristallizzate in azioni, movimenti e parole fisse.
Essa comprende, come già detto, vari elementi, tra cui:
- sensoriali (si presta attenzione a certe sensazioni, si discriminano certe più facilmente di altre...)
- muscolari (ipertrofie e atrofie, parti addormentate, altre tese, una certa voce...)
- relazionali (ci si rivolge in un certo modo agli altri...)
- emotivi (si è più o meno abituati a esprimere e sentire certe emozioni...)
- intellettivi (abitudine a certi ragionamenti, ristrettezza delle idee o ampliamento, idee fisse e stereotipate...)
- psicologici (certe reazioni tipiche, sottosviluppo di certi aspetti della personalità...)
e forse altri ancora.
La ricerca è tutta da proseguire(13).
--- OSMOSI ---
É l'ipotesi di lavoro per cui nelle più piccole cellule di interazione sociale anche banali sono racchiusi i meccanismi oppressivi e i valori dominanti, che invadono, per osmosi, tutte le relazioni sociali. A partire da quest'ipotesi, per Boal ha senso affrontare non tanto le questioni astratte (il potere, la società, il capitalismo...) quanto le interazioni faccia-a-faccia della vita normale, per innescare una trasformazione(14).
--- SPAZIO ESTETICO ---
É quello della scena teatrale; per esistere non ha bisogno necessariamente di palco e platea, bastano gli sguardi di un "pubblico" verso altri, gli "attori". É lo spazio della dicotomia, in cui più chiaramente mi mostro e mi osservo in azione. É anche uno spazio dicotomico, solitamente intransitivo, tra palco e platea.
Questo e le altre proprietà (tele-microscopico, plastico) che Boal enuncia nei suoi testi, lo rendono particolarmente efficace per il cambiamento, per l'invenzione, per la trasformazione della vita quotidiana.
--- TERAPIA ---
Controversa è la questione della distinzione tra TdO e terapia, in particolare con lo psicodramma; diciamo subito allora che il TdO non ha lo scopo di "curare" la persona sofferente, con tutto quello di ambiguo che c'è nella parola curare: interpretazione arbitraria incasellata da schemi a priori, riduzione all'individuo di problematiche sociali(15), rapporto di potere e dipendenza(16), riparazione della persona invece di intervento sulla realtà(17).
Nel TdO non c'è alcuna interpretazione, nosografia, diagnosi del caso, ma è il gruppo che analizza se stesso, con l'aiuto maieutico del conduttore (Jolly); come scrivevo in un precedente articolo(18), pur con queste importanti differenziazioni, ci sono delle evidenti connessioni e sovrapposizioni tra TdO e psicoterapia, nel senso che il teatro in genere (e tantissime altre cose), e quindi anche il TdO, hanno dei potenziali effetti terapeutici:
-- per esempio permette (come il linguaggio, il gioco, la finzione...) di duplicare la realtà in modo simbolico (si recita ri-creando il reale) e quindi di poterla manipolare come fosse un oggetto esterno a noi(19).
-- Inoltre l'Io si arricchisce di altre possibilità, slarga la sua base ristretta, poiché il teatro gli propone e ci fa vivere altre modalità relazionali ed emotive, nutrendo il nostro “teatrino interno”(20).
Detto questo, Boal sottolinea comunque le differenze con la maggior parte delle terapie:
- il TdO parte sì dal caso particolare (individuale) ma procede verso la sua generalizzazione al gruppo tramite la mediazione dell'"immagine" (dice che va in orizzontale, non in verticale al fondo della singola esperienza di vita)
- non prevede il ruolo di chi interpreta ciò che succede nella seduta in base a sue maggiori conoscenze, ma attiva gli spettatori (o meglio gli <spett-attori>)(21) affinché lo <specchio multiplo dello sguardo degli altri> funzioni come riflesso e presa di coscienza del singolo.
- l'enfasi non è sul cambiamento per adeguarsi, né sulla catarsi dei sentimenti negativi o delle tensioni, ma sulla spinta a <estrapolare> nella vita reale quello che si è sperimentato in scena, per modificare la realtà stessa.
- non retrocede a trovare i motivi del disagio nel passato lontano, ma lavora sull’oggi per cambiare il futuro.
Qui il discorso potrebbe divenire più ampio ma uscirebbe dallo scopo di questo contributo; resta tuttavia un discorso aperto, proprio perché il TdO si pone al confine tra teatro, terapia, educazione e azione socio-politica.
--- CATARSI-METAXIS ---
Come già fece Brecht, Boal critica la Catarsi Aristotelica in quanto la “purificazione delle passioni antisociali” porterebbe a suo avviso a un semplice adattamento a norme sociali che altri hanno stabilito per propri interessi.
Quindi un teatro che mira a un cambiamento non può usare questo meccanismo antico (immedesimazione nell’eroe ---> infrazione delle Leggi ---> pericolo ---> angoscia dello spettatore
---> risoluzione e punizione dell’eroe ---> scarica della voglia di infrangere le Leggi) ma deve trovare altre vie. Brecht era convinto che bisognasse evitare l’immedesimazione nell’eroe (da qui il suo Teatro Epico, fino allo “straniamento” che porta a una distanza critica dal personaggio stesso).
Per Boal invece il nocciolo che evita la catarsi è l’azione diretta dello spettatore sulla scena , la possibilità che gli si offre di cambiare il mondo della finzione per allenarsi a cambiare quello della realtà.
E qui egli individua un meccanismo diverso dalla Catarsi, che chiama Metaxis, ovvero appartenenza simultanea a due mondi. Infatti l’attore in scena è contemporaneamente personaggio (agisce come tale) e attore (si vede agire e si può auto-correggere, oltre che non essere riducibile al personaggio). Lo spazio estetico dicotomizza. Quando lo spett-attore entra in scena accetta la finzione teatrale, recita, è immerso nell’azione, ma contemporaneamente è il Signor Tale, che porta se stesso in scena, si auto-osserva; e il pubblico può osservarlo e rivedere i propri errori o capacità. L’attore e lo spett-attore sono quindi nella finzione, ma contemporaneamente sono reali, quindi ciò che imparano lì a teatro lo imparano come persone, non come personaggi; e lo possono trasportare nella vita reale.
Per avere la Metaxis bisogna però che “si giochi veramente la finzione” o, come dice Boal, che si lavori con l’<immagine della realtà>, che è <reale in quanto immagine> riconosciuta dal pubblico.
Se lo spettatore resta fuori, freddo, a osservare distaccato, o se al contrario entra nella scena perdendo la consapevolezza della finzione (si fa cioè trascinare a una reazione puramente emotiva e abituale, senza “vedersi in azione”) non si compie alcuna Metaxis e i due mondi restano separati.
Al contrario, la Metaxis permette allo spettatore di immaginare più facilmente cambiamenti e alternative individuali (Flic) e sociali (Forum).
Da qui l’importanza di usare appieno il linguaggio teatrale (ricchezza visiva e sensoriale non solo verbale, stile non realistico delle scene, largo spazio all’improvvisazione) e non ridurre il TdO a mera simulazione del reale (in tal caso si avrebbe solo un mondo, il reale, trasportato sul palco).
Da qui ancora la necessità che la scena presenti gli stessi meccanismi oppressivi della realtà, anche se trasfigurati, stilizzati, evidenziati dal linguaggio teatrale. Lo spett-attore deve giocare con queste immagini del mondo, per avere la libertà di inventare la propria azione, di ritrovare la “spontaneità” (22), di sganciarsi dall’immersione fatalistica nel reale.
--- GLOBALITÀ ---
É una concezione dell'uomo che lo vede come interazione di livelli diversi: pensieri, emozioni, sensazioni che si influenzano reciprocamente.
Infatti, uno dei postulati base del TdO è che <il corpo pensa> o, detto in altri termini, che <l'uomo è una doppia globalità>, ossia c'è inter-connessione profonda tra elementi emotivi, intellettuali e sensoriali, così come anche tra i diversi sensi. Quale sia questo rapporto e quanto complesso è una questione oggetto di dibattito continuo in vari campi del sapere.
Credo che questa filosofia sia importante nel momento in cui si interviene per un "cambiamento", che non è solo esterno e strutturale, ma anche delle "coscienze" della gente, delle immagini del mondo, ecc.
--- RITI E RITUALI SOCIALI ---
Insiemi meccanizzati e stereotipati di interazioni sociali(23): una riunione di condominio, di associazione, di Consiglio comunale; gli atti dell'insegnante e degli alunni all'inizio e fine della lezione; una visita medica; la consegna del metadone o dello psicofarmaco in un Centro di assistenza; il rapporto tra utente e impiegato dietro lo sportello, ecc.
In queste interazioni vengono svolti una serie di atti ripetitivi; vengono eseguiti quasi senza pensarci, essi si sono "meccanizzati", parallelamente alla "meccanizzazione" del nostro corpo.
Su queste situazioni il TdO ha sviluppato alcune tecniche che cercano di svelare l'“oppressione” che vi è frequentemente nascosta(24).
Una linea di lavoro TdO è la ricerca sistematica sui propri rituali, per scovare le situazioni oppressive dietro la "normalità, naturalità, tradizione" delle cose. A cosa porterebbe un intervento di questo segno nelle organizzazioni e istituzioni sociali?(25)
--- PERSONA PERSONALITÀ PERSONAGGIO ---
Nella concezione di Boal la persona è l'insieme delle potenzialità, di tutti i vizi e le virtù, di tutti i personaggi possibili; da scelte morali e da paure sociali deriva la personalità, ovvero ciò che noi mostriamo e siamo socialmente. Attraverso il teatro e il TdO in particolare possiamo riscaldare la persona, far emergere dei personaggi diversi da ciò che siamo normalmente: sia negativi che potenzialmente utili; le tecniche del Flic si basano appunto sul presupposto che questi atteggiamenti, questi elementi, questi personaggi, invece di tornare nelle potenzialità, si esplichino nel quotidiano, rimanendo integrati alla personalità(26).
--- SPETT-ATTORE ---
Spettatore è per Boal mot obscene (parola oscena), perché implica la passività completa di chi guarda lo spettacolo. Ad esso sostituisce il concetto di <spett-attore>, per indicare la persona che abbraccia tutte e due le fasi: di volta in volta può essere in platea, a osservare, o sul palco nell'azione drammatica.
In altre parole il TdO cerca di stimolare lo spettatore ad essere protagonista dell'azione in scena, per esserlo poi nella vita reale. Questo passaggio è particolarmente evidente nel Teatro-Forum, spesso usato nei progetti di prevenzione. Esso si sposa bene con l’attenzione all’“empowerment” che hanno gli approcci di Psicologia di Comunità(27).
--- TEATRALITÀ UMANA ---
Lo <spett-attore> induce al recupero di quella <teatralità umana> che si esprimeva nel teatro originario; essa è considerata come una delle capacità comuni a tutti gli esseri umani senza distinzione; la divisione dei ruoli (attore, spettatore, regista...) è un'evoluzione del teatro che ha seguito per Boal la formazione delle classi sociali.
Il teatro stesso è una delle invenzioni fondamentali dell'uomo in quanto ha permesso tra l'altro di "vedersi agire" e quindi l'autoriflessione sulle alternative di comportamento(28).
E' questa <teatralità> che permette di sviluppare efficacemente ed esteticamente il lavoro di <analisi> e di <trasformazione> delle situazioni oppressive. Senza di essa si rimarrebbe ad un livello discorsivo, logico-razionale, intellettuale.
--- LINGUAGGIO DELL'IMMAGINE ---
Il TdO usa, in parte del suo lavoro, una serie di tecniche basate sulle immagini costruite coi corpi delle persone; da qui si parte per successive improvvisazioni, dette "dinamizzazioni" dell'immagine. Si tratta di un linguaggio, come tale con proprie caratteristiche peculiari.
L'immagine corporea è un tipo di codifica analogica e partecipa pertanto delle caratteristiche di altri linguaggi (musicali, poetici, ecc.) quali la polisemanticità, la non negazione, l'ellitticità... Permette di dire e alludere, di dire cose non ancora chiare secondo i processi di pensiero lineari, logico-verbali; permette di proiettare sul discorso dell'altro i propri discorsi e riconoscere dei collegamenti impensati.
A che condizioni questo linguaggio realizza il potere conoscitivo dei sensi, dell’arte? Quante energie collettive sono mosse dall'immaginario individuale e collettivo, dal semi-conscio, da attese più o meno realistiche? Quanto aiuta il Teatro-Imagine ad equilibrare l’accento logico-razionale che mettiamo nella soluzione dei problemi?
2.5 Aspetti di metodo
--- La coscientizzazione
Nel TdO uno degli aspetti cardine del metodo è l'atteggiamento maieutico del conduttore (o Jolly) che cerca di tirar fuori dal gruppo stesso le riflessioni, con un processo che si avvicina molto alla "coscientizzazione" elaborata da P.Freire, al quale peraltro Boal si è ispirato(29).
La maieutica del Jolly boaliano è la "curiosità di sapere cosa pensa veramente la gente", scevra da giudizi immediati di valore e da considerazioni moralistiche.
In questo processo maieutico, il pubblico di <spett-attori> riflette, collettivamente, sui propri problemi. E questo avviene a più livelli: intellettuale, emotivo e corporeo; perché il teatro impegna contemporaneamente la mente, il cuore e il corpo.
E' dunque un processo ispirato dalla freiriana <concezione dialogica e non depositaria dell'educazione>(30); se questo rapporto tra l'Educazione popolare ispirata a Freire e il teatro di Boal è piuttosto evidente, un'altra analisi meriterebbe la scarsa diffusione di queste pratiche nel nostro paese.
--- <Il corpo pensa>
Nell'attività pratica Boal è guidato dall'idea che noi pensiamo anche col corpo, proprio per la stretta relazione corpo-mente-emozione che ipotizza. Tecnicamente questo comporta una serie di attenzioni e di scelte, per attivare quella che altri chiamano “intelligenza del corpo”(31).
--- <Tutti possono fare teatro>
Per Boal, come già detto, “essere teatro” è “essere umani”; il TdO si rivolge quindi a tutti quelli che si sentono oppressi, indipendentemente dalle loro capacità attoriali, per risvegliarle e metterle al servizio non di una professione, ma di un cambiamento personale e sociale.
--- Teatro politico?
Il TdO si situa tra le forme di teatro politico(32) in quanto si propone di essere strumento al servizio del cambiamento sociale; tuttavia esso assume una connotazione particolare, perché lega assieme trasformazione dell'individuo, del gruppo e della società.
Inoltre presenta degli aspetti particolari, così indicati da Boal stesso:
Il TdO non è ideologico (non c'è una verità da portare), non é di classe (tutti possono essere oppressi e oppressori), non è intellettualistico (c'è una forte dimensione corporea, fisica, emozionale).
Un altro elemento caratteristico del TdO è il tentativo di rendere collettivi i problemi individuali, senza però trascurare o negare quest'ultima dimensione, ma anzi lavorando all’interno di questa contraddizione.
2.6 Le tecniche: dal Teatro-Mito alle strutture spaziali del potere.
Il TdO si è articolato in diverse forme, seguendo via via i problemi e i contesti in cui si è trovato a operare:
--- GIOCHESERCIZI ---
Così chiamati da Boal i giochi e gli esercizi dell'arsenale del TdO che svolgono sia la funzione di gioco (rapporto con l'altro - dialogo) che quella di esercizio (rapporto con se stesso - monologo).
Sono stati suddivisi in 5 categorie principali, a seconda del senso prioritario che viene stimolato(33). Il loro scopo è affinare l'intelligenza dei sensi, abituare a "vedere tutto ciò che si guarda distrattamente", "ascoltare tutto ciò che si sente..." e così via.
Sono la base per sviluppare l'idea che <il corpo pensa> e non solo il cervello, come ripete Boal durante gli stage.
--- TEATRO-GIORNALE, TEATRO-MITO, TEATRO-FEUILLETON, ECC.(34) ---
Sono forme teatrali inventate da Boal all'inizio del suo lavoro, poi superate da forme più recenti ed elaborate.
Consistevano nel riutilizzo "coscientizzante" di strumenti di comunicazione di massa o miti locali, attraverso la rielaborazione, il confronto, i suggerimenti di parallelismi con i problemi quotidiani emergenti.
--- GIOCHI DI MASCHERE ---
Sono giochi che aiutano l'attore-partecipante a flessibilizzare la propria maschera sociale, a giocarci, a prenderne coscienza, a distanziarsene per poterla arricchire di aspetti e sfumature utili alla vita reale.
--- TEATRO-IMMAGINE ---
E' lo strumento che usa essenzialmente il linguaggio dell'immagine (vedi) attraverso il quale creare una sorta di "dibattito visivo" mettendo in gioco le diverse "visioni" degli spettatori. In questo modo valorizza la funzione conoscitiva e non meramente estetica dei linguaggi non-verbali.
Viene utilizzato sia all'interno dei corsi di formazione per ricercare le immagini di oppressione, sia per stimolare reazioni dal pubblico che transita nei luoghi pubblici (strade, mercati, piazze, bar...).
--- TEATRO-INVISIBILE ---
Nasce nel suo esilio Argentino, a causa della pericolosità dell'azione teatrale politica ufficiale; Boal recupera quindi uno strumento antico, che aveva avuto grande sviluppo per esempio durante la Repubblica di Weimar prima dell'avvento del nazismo.
Si tratta di azioni teatrali svolte nei luoghi normali di vita della gente, provocate da attori in modo tale che non si sveli come teatro.
Il fine di questa forma è quello di far discutere il pubblico inconsapevole dei temi prescelti, ma può essere usato anche per raccogliere informazioni "reali" sugli atteggiamenti della gente verso certi fenomeni.
Noi lo abbiamo usato in alcune situazioni, su temi quali "la solitudine", "il non rispetto degli spazi pubblici", "l'atteggiamento verso i giovani di un centro sociale", "il pregiudizio verso i giovani", ecc.
--- TEATRO-FORUM ---
Nasce in Perù, casualmente, per l'insoddisfazione di una spettatrice che non riusciva a veder realizzati dagli attori i propri suggerimenti.
É una scena teatrale che rappresenta una situazione negativa, oppressiva. Il pubblico è chiamato a intervenire e cercare soluzioni, sostituendosi inizialmente al solo Protagonista.
Il Teatro-Forum in Sudamerica era giocato come simulazione, prova generale prima dell'azione (uno sciopero, una manifestazione, ecc.); in Europa esso è diventato un vero e proprio spettacolo, lo stile è anche non realistico (simbolico, surreale, ecc.), il pubblico spesso disomogeneo.
Il Forum può essere considerato una sorta di brainstorm su temi sociali, durante il quale si prova a sciogliere le "meccanizzazioni" che guidano le nostre risposte ai problemi; come tale è apprezzabile anche se non porta a scoprire la soluzione a quello specifico problema; avere la molteplicità di idee del gruppo può essere già un utile passo avanti per affrontare meglio una situazione.
Non solo, ma proprio per l’importanza della dimensione energetica ed emotiva dell'uomo, il fatto che lo spettatore intervenga comunque, crea una frattura con la sua passività e gli dà la spinta per affrontare il problema nella vita reale; tale è l'ipotesi del TdO.
--- FLIC DANS LA TêTE ---
Sono un insieme di tecniche che nascono in Europa da un laboratorio annuale di ricerca sulle oppressioni che Boal conduce e in cui si rende conto man mano di dover affrontare oppressioni qualitativamente diverse da quelle a cui era abituato: senso di vuoto, incomunicabilità, disagio...
Per ogni tipo di situazione Boal elabora tecniche diverse che raggruppa sotto il generico nome di Poliziotto-nella-testa; l'ipotesi è che questo tipo di oppressioni derivi da un'internalizzazione di reali figure oppressive, ormai non più presenti fisicamente e talvolta nascoste pure alla coscienza. Le tecniche mirano perciò a concretizzare queste forze interne in personaggi teatrali, tramite la mediazione dell'immagine, per potervi lottare contro e riacquistare libertà d’azione.
--- STRUTTURE SPAZIALI DEL POTERE ---
Si tratta delle più recenti esplorazioni di Boal, che si rifanno alla prossemica e aiutano un gruppo ad analizzare gli spazi sociali in termini di potere e di struttura.
Mi pare una linea di intervento promettente, così come gli spunti sul “ tempo ” e sugli “ oggetti ”, se pensiamo che nelle società complesse l’oppressione pare sempre più mediata da questi tre elementi, piuttosto che da persone fisiche.
Senza dimenticare tutto il capitolo delle oppressioni internalizzate, che vengono esplorate con le tecniche del “Flic-dans-la-tête”.
--- TEATRO LEGISLATIVO ---
É l’ultima evoluzione del TdO a Rio de Janeiro, in coincidenza con l’elezione di Boal alla Camera dei Vereadores della città (una sorta di Consiglio comunale). Il TdO viene usato per sollecitare l’autorganizzazione di gruppi sociali (donne, senza terra, abitanti di favelas, disoccupati, bambini di strada, omosessuali, ecc.) che mettono in scena e ricercano le proprie oppressioni. Le soluzioni così trovate sono rielaborate dal gruppo di Boal in proposte di legge da presentare alla Camera. Quello che ne esce viene riportato teatralmente ai cittadini, in un circuito ricorsivo di un certo interesse, che Boal chiama, forse pomposamente, <democrazia transitiva>.
3 ALCUNI DATI
3.1 Tipi di intervento
Volendo parlare di usi maldestri o errati e mistificanti, va chiarito che diversi sono i campi di intervento del TdO (emarginazione sociale, attività educative, politica e impegno sociale, attività "terapeutiche"...) e i modi (stage, spettacoli, progetti, corsi di formazione, attività di sensibilizzazione, stage a tema specifico, apertura di Convegni e dibattiti, progetti di prevenzione e riabilitazione...).
I partecipanti possono essere di volta in volta: membri di associazioni, insegnanti, operatori sociali studenti, tossicodipendenti, anziani, malati di mente, giovani in genere, abitanti di un quartiere, ecc.
In India e in Africa altre esperienze coinvolgono principalmente contadini, pescatori, abitanti di villaggi e favelas, indios, ecc.
Esempi di applicazioni
1) Rovato e il disagio psichico
Vicino a Brescia abbiamo condotto una serie di progetti consecutivi in tre anni circa, che han portato alla costruzione di un gruppo di volontariato che si occupa di salute mentale. Il TdO è stato usato all’inizio per sensibilizzare il territorio (con spettacoli in luoghi pubblici all’aperto e al chiuso) e raccogliere adesioni a un successivo corso di formazione per volontari. Poi è stato usato per affinare le capacità del neonato gruppo nella relazione col malato di mente e nelle scuole per sondare la conoscenza del problema e gli atteggiamenti prevalenti.
2) Suzzara e il disagio giovanile
In questa cittadina in provincia di Mantova abbiamo avviato una sequenza di progetti rivolti a studenti delle superiori, giovani di associazioni locali, utenti del SERT. Dopo vari interventi è nato un gruppo di giovani che usa il TdO in zona, sia come momento proprio di aggregazione, che come stimolo alla riflessione sui problemi giovanili locali.
3) Padova e i senza-fissa-dimora
Per diversi anni un gruppo di volontari che aveva conosciuto il TdO tramite GIOLLI ha continuato a usarlo coi senza-fissa-dimora nei loro incontri settimanali. L’attività è diventata motivo di aggregazione, conoscenza reciproca, creazione di relazioni più forti. Il gruppo ha presentato alcuni spettacoli anche fuori città, in convegni e altre occasioni, centrati sulla vita dei “barboni”.
4) Reggio Calabria e i giovani a rischio
Una ONG di Reggio, il CRIC, ha avviato nel 1993 un programma, in collaborazione col Ministero della Giustizia, formando un gruppo di animatori che ha utilizzato anche il TdO per coinvolgere i giovani nell’avvio di un centro sociale. Dopo varie fasi e momenti critici, un’esperienza simile si è avviata a Messina.
5) Vicenza e l'AIDS
Un gruppo nonviolento ci ha richiesto una formazione nel TdO e ha poi iniziato una collaborazione con un centro di prevenzione dell’AIDS, producendo uno spettacolo Forum sul tema, che ha girato per le scuole superiori della provincia.
6) Chiesa in Valmalenco e gli insegnanti
In questo piccolo paese montano in provincia di Sondrio, abbiamo sperimentato il TdO nel corso di un aggiornamento incentrato su “Il benessere dell’insegnante”. Coinvolta la scuola media, elementare e materna; circa 70 insegnanti hanno partecipato al laboratorio teatrale intensivo lavorando sulle problematiche interne e inter-scolastiche, presentate attraverso scene Forum in assemblea plenaria.
7) Parma e il progetto studenti
Su richiesta del Comune abbiamo avviato un laboratorio di 5 mesi, sul tema della “Diversità come risorsa o minaccia?”. Una trentina di studenti di tre scuole hanno esplorato teatralmente il tema e prodotto uno spettacolo Forum per il Meeting dei Giovani.
Queste alcune esperienze, tra le più significative.
Va detto che a mio parere il TdO non è esaustivo e autosufficiente, se vuole perseguire i suoi scopi con la massima efficacia; ha bisogno di un quadro concettuale e operativo più ampio e coerente con esso. In questi anni mi pare che gli approcci più promettenti in cui inserire il TdO in Italia siano:
la Nonviolenza specifica e l'educazione alla Pace come gestione positiva del conflitto;
l'Approccio di Comunità o Sviluppo di Comunità.
Credo utile anche l'Educazione popolare soprattutto quella ispirata a Paulo Freire, anche se in Italia non conosco l’esistenza di significative esperienze in tal senso.
4 Mal usi
Vediamo ora schematicamente alcuni usi del TdO che portano, a mio avviso, in direzioni sterili o pericolose, desunte in base all’esperienza in GIOLLI e alla conoscenza di alcune esperienze svolte in Italia da singoli.
4.1 La banalizzazione
Il TdO può essere usato, o meglio, parti di esso, alcune tecniche e strumenti, possono essere usati in modo superficiale:
i giochi diventano allora momenti a perdere e non de-meccanizzazione;
il Teatro-Forum può divenire per esempio una scenetta divertente e non una ricerca di soluzioni a problemi urgenti o importanti. Oppure deviare verso la simulazione, perdendo la dimensione teatrale, creativa, <straniante>, che fa "vedere " con occhi nuovi la realtà di ogni giorno.
Certo non intendo impedire a nessuno di staccare un gioco dal metodo TdO e usarlo diversamente, per esempio per animare una festa o spezzare una lezione noiosa; resta però il fatto che non si può sostenere nemmeno che si sta facendo TdO; sarebbe come dire che sto sciando perché uso gli sci... per appenderci la giacca!
4.2 Tecnica fine a se stessa
Una variante è la torsione del Forum o di altre tecniche come gioco in sé, come pezzetto staccato dal metodo che resta invece un modo di lavorare sull'oppressione. Così si sente dire da alcuni animatori "io faccio TdO", semplicemente perché usano una tecnica, avulsa dal metodo e magari la inseriscono in un percorso anche valido, ma che non c’entra con lo specifico lavoro del TdO.
Ci sono insegnanti che usano il Teatro-Immagine per esplorare un tema storico o di religione. Oppure psicologi che inseriscono alcuni esercizi in un percorso terapeutico di gruppo.
Tutto ciò è legittimo, ma ancora una volta non si può parlare di TdO se non si lavora sull’oppressione, se non si parte dai vissuti dei partecipanti per cercare, col metodo TdO, un percorso di auto-liberazione.
4.3 Tecnica oppressiva.
Capita anche di sapere di esperienze a scuola in cui il Forum si è concluso col sermone dell'insegnante, o con giudizi sugli interventi fatti dagli studenti.
Ma altri possono essere i modi per rendere oppressiva una tecnica di liberazione, soprattutto nell'ambito di istituzioni forti, in cui il Committente è la direzione che rovescia il TdO sulla testa degli utenti (scuole, USL, ecc.), quindi il fare TdO diventa un’imposizione dei vertici (anche se sembra paradossale).
Da parte di alcuni adulti, con conoscenze vagamente psicologiche, emerge invece talvolta il desiderio di "catturare la psiche" degli studenti o dei ragazzi in comunità, carpire cioè, tramite il teatro, dei segreti aspetti della personalità altrui. Qui la richiesta diventa di partecipare al lavoro con "gli utenti" per studiarli o avere poi indicazioni diagnostiche e personologiche.
A volte il problema invece parte da chi usa il TdO; due sono i casi tipici di TdO oppressivo, in scala:
- provocare in qualche partecipante uno scoppio emotivo, senza gestire la situazione critica, per superficialità, incapacità, paura, mancanza di attenzione o altro
- provocare, in un’Istituzione, dei conflitti (per esempio mettendo in scena un problema sommerso) e poi andarsene senza curarsi della conseguenze.
Devo dire che anche noi siamo incorsi nel passato, durante gli anni pionieristici della sperimentazione, in eccessi del genere; credo che ogni novizio rischi, in assenza di riferimenti e supervisioni attente, di cadere in una o più di queste trappole.
4.4 TdO come catarsi
Come appendice della precedente sezione, capita di animatori che perseguono come scopo proprio la catarsi "liberatoria" invece della liberazione. La confusione deriva anche da esperienze maldestre ispirate al Living Theatre, dove l'accento è posto sul vivere qui e ora la liberazione.
Quando questo è proposto nel TdO diventa farsesco, perché significa per esempio far scoppiare una tempesta emotiva nel protagonista della scena e considerare finito l'intervento solo perché il Protagonista ha pianto, si è "sfogato", ha insultato l'Antagonista a dovere.
Oppure, come ho avuto modo di vedere in Svezia a un festival TdO, gli spettatori inneggiano come fan alla vittoria del protagonista oppresso della scena Forum, senza chiedersi se le strategie che ogni intervenuto usa, che ogni spettatore mostra, siano valide o no, senza interrogarsi sulle conseguenze che un insulto al "padrone della fabbrica" può avere per l'operaio. Ho visto pubblico in delirio semplicemente perché, salito sulla scena, cercavo di aizzare uno sciopero degli operai e sono stato fermato dal Jolly prima di vedere se ci sarei riuscito o meno, quali difficoltà "reali" avrei trovato, ecc.
Ecco allora la catarsi di peggior tipo, quella di surrogazione, di soddisfazione spostata, dalla realtà alla finzione irreale.
Non nego che una realizzazione positiva degli interventi del pubblico sia motivante, però se resta agganciata a dati reali e non se allarga l'onnipotenza fantastica del pubblico, lasciando credere che tutto cambi per bacchetta magica.
Questi Jolly dimenticano uno dei poteri che hanno, pur da usare con cautela: quello di fermare un intervento e proporre al pubblico: <Stop! questo è magico!>.
Purtroppo trovo che questa confusione è piuttosto diffusa e a volte capita nei nostri corsi di sentire una richiesta di “sfogo liberatorio” da una vita frustrante, forse tanto maggiore quanto alta è la povertà e depressione della vita reale.
4.5 TdO come propaganda.
Nonostante le premesse siano chiare, a volte la richiesta di gruppi ideologizzati è di uno spettacolo che diriga il pubblico vesso una tesi, che mostri un'idea precisa; il Forum in particolare viene qui visto come “affermazione” sulla realtà e non come "domanda" e come avvio di una ricerca; allora i personaggi sono stereotipati, la scena è chiusa (perché vuole dimostrare che gli Antagonisti sono cattivi, non che ci sono spiragli di liberazione) oppure manca il conflitto e semplicemente si enuncia una posizione ideologica, fingendo di mostrare la realtà.
Questo non significa che il Forum non debba presentare un punto di vista; però è diverso avere già la risposta pronta o interrogare veramente il pubblico sul “che fare” in quella data situazione.
4.6 La terapeutizzazione
Certe tecniche come il Flic si prestano, se mal usate, a troncare i nessi tra problemi personali e dinamiche sociali, a singolarizzare le oppressioni;
Questo primo aspetto l’ho percepito con chiarezza in uno stage all’estero in cui ho visto pian piano emergere, dalla storia di una donna, la colpevolizzazione della madre, come fosse un essere avulso dalla società e dalla storia, incapace di rispettare l’autonomia della figlia, senza che si analizzasse la vuota vita quotidiana della madre, la sua solitudine, il ruolo sociale che aveva interiorizzato, ecc.
Un altro aspetto, una variante, è quella del potere del terapeuta, quello di interpretare cosa "è veramente successo", anche se mascherato da "ognuno dica la sua opinione". Dato il potere che assume il conduttore in questi casi e la delicatezza e complessità delle tecniche, ritengo che questo sia un grave pericolo del TdO attuale, soprattutto vista la crescente richiesta di terapia nell'occidente.
Mi è capitato per esempio di veder usare con disinvoltura le tecniche del Flic; Boal stesso mi pare scivolare ultimamente in atteggiamenti interpretativi che cozzano con le tesi da lui scritte nei libri.
Credo che il fascino del “potere di interpretare” il vissuto altrui, sia una mina vagante che può ridurre il TdO alla pari di altre tecniche psicoterapeutiche e, siccome chi conduce il Flic può non essere uno psicologo, ad avventure nutrite dal malessere altrui.
4.7 La de-teatralizzazione
Avviene spesso, quando i conduttori non sono gente di teatro, un impoverimento del linguaggio teatrale; gli esercizi vengono fatti in fretta, non si dà tempo alle emozioni di emergere, la concentrazione nel personaggio non viene stimolata, le scene si limitano a riprodurre le apparenze di realtà (proprio come se tagliassimo un pezzo di vita reale e lo ripresentassimo pari pari in un teatro), la parola ha il sopravvento sul corpo, si rischia la noia e il dejà-vu.
Il corpo e la sua intelligenza non vengono mobilitati.
Un TdO de-teatralizzato si riduce a banale simulazione del reale, mimesi senza quel tanto di straniamento che apre l’orizzonte; soprattutto direi che si esce dal linguaggio specifico (il teatro) per rientrare nella vita quotidiana.
Non si ha quindi Metaxis e si sprecano le capacità conoscitive e trasformative.
4.8 La manipolazione
Infine, non in ordine di importanza, in certe istituzioni o gruppi gerarchici, capita che il TdO sia proposto e richiesto per "far esprimere i membri" lasciare che critichino esplicitamente, salvo poi prendere le contromisure. In tal senso il TdO diventa un'oppressione, giustamente i singoli si rifiutano di aprirsi e propongono per esempio temi superficiali; l'animatore incauto reagirà dicendo che "devono parlare delle loro oppressioni", in un circolo vizioso di incomprensioni e fratture.
5 CONCLUSIONI
5.1 I vantaggi del TdO per l'intervento sociale.
Elenco qui per punti sintetici quelli che mi paiono i maggiori vantaggi di questo strumento:
A- Trasformare il disagio nascosto in conflitto esplicito.
Si parte da quello che sta a cuore alla gente, da come la gente lo vive, lo pensa e lo "vede", per approfondire l'analisi collettivamente; si può ipotizzare che questo permetta di svelare il conflitto, se è vero che ogni disagio non è che un "conflitto mascherato o inconsapevole"(35). In quanto conflitto può essere aggredito in termini politici e sociali, lasciando le sponde terapeutiche ed individuali, mobilitando le risorse della comunità su obiettivi condivisi.
In questo senso è centrale il laboratorio di piccolo gruppo, dove i vissuti individuali, confusi e parziali, si confrontano e scoprono una sofferenza comune. Ma anche lo spettacolo pubblico permette di rendere “ visibile ” l’oppressione quotidiana, levando dall’immersione le coscienze e permettendo la necessaria distanziazione dal proprio malessere.
B- Creare un oggetto simbolico unificante, un rito sociale di comunità.
Lo spettacolo di Teatro-Forum o altri momenti collettivi, magari periodici, possono rappresentare un "appuntamento" e identificare visivamente un problema, permettendo di raccogliere le forze sociali, emotive, energetiche, coagulandole su un progetto trasformativo.
Come altri riti (la messa, il mercato, lo stadio...) funziona da catalizzatore delle energie e dell’attenzione; a differenza di altri, permette però un’evoluzione sociale, confermando semplicemente la solidità dei legami e la somiglianza dei vissuti.
C- Abituare a reagire al malessere col cambiamento.
Il Teatro-Forum in particolare funziona in quanto permette di capire meglio col contributo collettivo e di sperimentare i cambiamenti possibili in ambito protetto dalla finzione teatrale.
L’abitudine alla rassegnazione, alla “ naturalità ” delle oppressioni, viene messa in discussione; ognuno è chiamato a prendere una posizione, a schierarsi, a mettersi in ricerca di risposte o a tacere.
D- Dare una dimensione solidaristica e collettiva.
La frammentazione del vivere sociale che così spesso ci attraversa e di cui siamo spettatori durante gli interventi nelle comunità sociali, viene investita da una corrente contraria; sia gli stage che gli spettacoli pubblici, sollecitano una presa in carico collettiva delle problematiche, inoltre, svelando sofferenze individuali in un contesto adeguatamente protetto, spesso cementano una coesione tra gli individui, a volte sorprendente.
E- Creare legami.
Potersi muovere nei luoghi di vita delle persone.
Gli interventi spettacolari possono essere svolti ovunque. Questo facilita la permeabilità del sociale all'intervento stesso e smuove, de-cristallizza i luoghi di interazione sociale, introducendo una variabile trasformativa, creativa, socializzante; pensiamo ai bar dove semplicemente si beve e gioca a carte, ai mercati dove si compra, ecc..
F- Attivazione emotiva ed energetica.
Oltre che il lato intellettuale, vengono smosse altre risorse per affrontare i problemi e si attiva una sperimentazione protetta dei cambiamenti possibili.
Questo colma la parzialità di approcci razionalistici che individuano esattamente i problemi, ma sono insufficienti per mobilitare le persone.
G- Liberazione dell'immaginario.
Soprattutto il Teatro-Immagine, ma anche le altre tecniche, sviluppano gli aspetti ludici e creativi; questo facilita l’adesione al cambiamento, abbassando le ansie, stimolando parti profonde della persona, creando un clima di sicurezza e flessibilità.
H- Proiezione nel futuro attraverso le visioni.
Il Teatro-Immagine in particolare può svelare e smuovere quello che è l'immaginario individuale e collettivo, potente mezzo di prefigurazione del futuro.
Senza una qualche forma di obiettivo finale condiviso pare difficile aspettarsi un cambiamento, sia individuale che sociale.
5.2 Alcune questioni generali.
Alcuni nodi teorici emergono nella letteratura internazionale (poca) che circola poco e male tra i gruppi TdO. Purtroppo quello degli scambi e collegamenti, del confronto e della ricerca teorica è un limite ancora non affrontato adeguatamente, vuoi per mancanza di mezzi, vuoi per dinamiche di competizione inter-gruppi, vuoi per limiti teorici stessi.
_ Una prima questione riguarda il cambiamento che il TdO ha avuto nell'incontro con i paesi a democrazia occidentale; il tipo di oppressioni è cambiato, sono nate nuove tecniche; i dubbi ricorrenti sono se serve ora un TdO o non è troppo semplificante rispetto alla realtà. Inoltre l'oppressione è più sofisticata e manca una definizione precisa, cosa che alcuni lamentano, per paura di cadere in un estremo relativismo.
_ Una seconda questione è la neutralità del TdO rispetto alle ideologie; è vero? É vero che non parteggia? Tutto ciò nasce concretamente dalla pratica, da richieste che a volte non si sa se accettare di intervento, perché paiono venire dalla parte sbagliata. Oppure l'intervento svela oppressioni su cui l'animatore non è d'accordo o che vede addirittura in modo opposto. Continuo a fare TdO o no?
_ Il sistema di ricerca del TdO prevede l'eliminazione di concetti astratti come potere, capitalismo, ecc. e la messa in scena di situazioni concrete, in cui emergano relazioni faccia-a-faccia tra oppressi e oppressori. É sempre possibile e auspicabile? L'oppressione non passa forse anche per la strutturazione dello spazio, dei tempi, delle risorse economiche, con modalità in cui i due lati del conflitto non si incontrano fisicamente?
_ TdO come campo sovrapposto a politica, educazione, terapia.
Questa imprecisione aiuta l'analisi ma crea anche sconfinamenti a volte pericolosi. Per esempio con la terapia. Boal diceva un tempo che il TdO none era terapia perché non interpretava, non singolarizzava i problemi. Ora dice che il TdO si sovrappone anche al campo terapeutico. Fino a che punto è nell'ordine della rielaborazione epistemologica delle discipline e fino a che punto invece non crea della confusione? Che confini con lo psicodramma per esempio?
_ Tutti possono fare teatro, riappropriazione degli strumenti teatrali di produzione vuol dire che il TdO dovrebbe essere alla portata di tutti, esteso. Ma attualmente mi sembra piuttosto che ci sia una tendenza a professionalizzare il TdO, in parte dovuta a necessità reali.
Per esempio si può fare del Flic senza competenze psicologiche? Ma allora come indurre questa riappropriazione?
Questi alcuni dei nodi, delle aporie, su cui avviare un’estesa prassi,c he possa riaprire delle contraddizzioni bloccate, far emergere nuove sintesi, illuminare gli angoli bui... ovviamente in una ricerca senza fine.
5.3 Appuntamenti e corsi
In fine di articolo ecco alcune informazioni utili per chi volesse approfittarne.
Per chi volesse approfondire la pratica del TdO abbiamo in corso il 3° percorso annuale di approfondimento sul TdO come coscientizzazione, che è organizzato in 8 stage tematici, nei quali si affrontano e approfondiscono le questioni teoriche, metodologiche e tecniche rilevanti per il TdO.
5.4 Bibliografia
Di Boal è uscito poco materiale scritto; i suoi testi principali sono tradotti:
_ Boal, Augusto, Il teatro degli oppressi. Teoria e pratica del teatro latinoamericano, Milano, Feltrinelli, 1977 (esaurito)
- Boal, Augusto, Il poliziotto e la maschera. Giochi esercizi e tecniche del teatro dell'oppresso, Molfetta-Bari, La Meridiana, 1993
- Boal, Augusto, L'arcobaleno del desiderio, Molfetta, La Meridiana, 1994
altri libri sono riflessioni sul TdO e Boal:
_ Schutzman, Mady e Cohen-Cruz Jan (a cura di), Playing Boal. Theatre Therapy Activism, Routledge, Londra, 1994 (testo di vari operatori TdO che pongono questioni teoriche approfondite)
_ Feldhendler, Daniel, Psychodrama und Theater der Unterdruckten, Frankfurt am Main, Welfried Nold, 1992 (proposta di parallelismo tra il TdO, il Flic in particolare, e il lavoro dello psicodramma moreniano)
_ Ruping, Bernd (a cura di), Gebraucht das Theater. Die Vorschlage Augusto Boals: Erfahrungen Varianten Kritik, Lingen-Remscheid (Germania), Bundesvereinigung Kulturelle Jugendbildung, 1991
(testo di vari praticanti TdO tedeschi che espongono le molteplici applicazioni fatte del metodo)
_ Melli, Claudia, Augusto Boal o l’Arcobaleno del desiderio, in “Teatro e Storia” annali 2, X, 1995
_ Mazzini, Roberto, Teatro dell'oppresso e Educazione alla pace, in: "Mosaico di Pace", n.1, sett. 1990, pp. 26-28
- Mazzini Roberto, Tanto gli adulti hanno sempre ragione. L'uso del Teatro dell'Oppresso per l'Educazione alla Pace e alla Mondialità, in "Il Crogiolo-Apprendere secondo natura", n.38, Nov. 1992, pp.22-27
- Mazzini Roberto, Teatro dell’Oppresso in un centro psichiatrico a Modena, in “PUM Progetto Uomo Musica”, n.7, Gennaio 1995.
5.5 Indirizzi
GIOLLI
CTO Parigi
78/80, Rue Eugene Sue,
75018 Paris (Francia)
telefono: 1-43588120 fax: 43465472
CTO Rio Augusto Boal
Rua Francisco Otaviano 185 apt 41
CEP 22080 Ipanema-Arpoador
Rio de Janeiro R.J. (Brasile)
telefono e fax: 0055-21-2674809/2671869
NOTE
1- Per una storia del TdO cfr.:
Boal, Augusto, Il teatro degli oppressi. Teoria e tecnica del teatro latinoamericano, Milano, Feltrinelli, 1977, pp. 237
2- regista e drammaturgo russo, creatore di un metodo di preparazione dell'attore diffusosi in tutto il mondo:
Stanislavskij, Kostantin S., Il lavoro dell'attore sul personaggio, Bari, Laterza, 1988, pp. 352
idem, L'attore creativo, Firenze, La Casa Usher, 1980, pp. 208
3- Castri, Massimo, Per un teatro politico. Piscator, Brecht, Artaud, Torino, Einaudi, 1973, pp.292
4- filosofo, autore di un metodo di alfabetizzazione come "presa di coscienza" della propria cultura in modo critico e problematizzante:
Freire, Paulo, La pedagogia degli oppressi, Milano, Mondadori, 1981, pp.224
5- Boal, Augusto, L’arcobaleno del desiderio. Metodo Boal di teatro e terapia, La Meridiana, Molfetta-Bari, 1994
6- AA.VV. Critica e crescita della conoscenza, Feltrinelli
7- Boal, Augusto, Il teatro degli..., op.cit.
8- Piro, Sergio, La Scacchiera Maledetta, Napoli
9- cfr. le tesi di Medicina democratica anni ‘70, in Maccacaro Giulio.
10- Gardner, Howard, Aprire le menti. La creatività e i dilemmi dell'educazione, Milano, Feltrinelli, 1991, pp.348
11- Gardner, Howard, Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell'intelligenza, Milano, Feltrinelli, 1989, 3° ed. (1° ed. 1987), pp. 462
12- Boal, Augusto, Il teatro degli..., op.cit.
13- cfr. con la personalità di Base in psicologia culturale, con il concetto di stereotipo, le ricerche di Reich e Lowen sulla “corazza caratteriale”, ecc.
14- cfr. Erving Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione
15- Piro, Sergio, Le tecniche della liberazione. Una dialettica del disagio, Milano, Feltrinelli, 1971, pp. 192
16- Castel, Robert, Le psychanalysme, 3° ed. (1° ed. Maspero 1973), Paris, Flammarion, 1981, pp. 119
17- cfr. gli scritti di:
Maccacaro, Giulio, Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966-1976, Milano, Feltrinelli, 1981 (2° ed.), pp.520
18- Mazzini, Roberto, Teatro dell'oppresso e terapia: connessioni, in
"Animazione sociale", sett.1989, n. 21, pp. 77-80
19- Boal, Augusto, L’arcobaleno del..., op.cit.
20- Musatti, Cesare, I pazienti a teatro, a teatro.
21- Boal, Augusto, L’arcobaleno del..., op.cit.
22- Moreno, Jacob, Il teatro della spontaneità
23- cfr. il concetto di riti in:
Bonino, Silvia, Bambini e nonviolenza, Torino, EGA, 1987
24- Boal, Augusto, L’arcobaleno del..., op.cit..
25- cfr. Garfinkel
26- cfr. le ricerche di Sergio Piro su personalità adiacenti, nascoste, ombra...
27- Martini, E.R. e Sequi, R., Il lavoro nella comunità, Firenze, NIS, 1988
- Maguire, L., Il lavoro di rete, Trento, ed. Centro Studi M.H.Erikson, 1987
28- Boal, Augusto, L’arcobaleno del..., op.cit.
29- Freire, Paulo, Educazione come pratica della libertà, Milano, Mondadori, 1977, pp. 180.
Cfr. anche le opere di Carl Rogers.
30- oltre a Freire cfr. anche:
Dolci, Danilo, Dal trasmettere al comunicare
31 Gardner, Howard, Formae Mentis, op.cit.
32- cfr. nota 3
33- Boal individua 5 categorie di esercizi a seconda dei sensi implicati:
Boal, Augusto, Il poliziotto e la maschera, La Meridiana, Molfetta-Bari, 1993 (2° ed. 1996)
34- Boal, Augusto, Il teatro degli..., op.cit.
35- Novara, Daniele, Scegliere la pace. Guida metodologica, Torino, EGA.