Dibattito Boal-Plotkin
Dibattito Boal-Plotkin: lavorare con gli oppressori
Joel Plotkin risponde a Boal:
<... sappiamo che ci sono alcuni gruppi che si dedicano a lavorare in favore delle imprese, obbedendo ai loro comandi, cercando di adattare i loro lavoratori a corrispondere meglio al proprio ruolo, cosi' che i lavoratori possano diventare piu' fruttuosi, piu' lucrativi. Anche se loro usano, in forme frammentarie, alcuni degli esercizi, giochi e tecniche che noi abbiamo creato, in aggiunta ai loro abituali role-play, loro cercano di consolidare una situazione di oppressione - esattamente l'opposto della nostra filosofia> (Augusto Boal, Under Pressure, Anno 3°, Volume 11, Agosto 2002).
Fatemi iniziare affermando l'enorme rispetto che ho per il lavoro di Augusto e dei gruppi che hanno preso ispirazione da lui. Ho partecipato a tre laboratori condotti da Boal al centro Marxista di New York e sono stato a visitare il Festival del TdO a Toronto nel 1997, che ho rivisto giornalmente per una lista di sociodramma (ora defunta).
Ho svolto un considerevole lavoro con dramma-terapisti, psicodrammatisti e col Playback Theatre, che usano tecniche simili (spesso identiche) ai metodi del TdO per proporre cambiamento personale, risoluzione dei problemi di gruppo e cambiamento sociodrammatico. Sono arrivato al lavoro di Boal dopo aver sperimentato e aver visto laboratori condotti da persone in quel settore. Ho anche condotto training sul posto di lavoro in imprese usando metodi attivi (uso questo termine per descrivere quelle tecniche che sono comuni sia al TdO che ad altre forme di teatro applicato).
Strumenti di Aristotele. Non trovo nessuna fondamentale differenza nelle tecniche. Che siano usate per il cambiamento sociale, per la crescita di influenza politica, per migliorare la dinamica del gruppo o per la crescita personale, chi le pratica focalizza la sua attenzione e rafforza abilita' molto simili: creare coscienza, incorporare cenestesicamente i cambiamenti, allenare abilita' nell'immediatezza e sviluppare connessione tra verbale e non verbale. Gli strumenti sono gli stessi descritti da Aristotele (per quanto prodotto di una cultura sessista e schiavista): anagnoresis e peripeteia (coscienza e inversione-annullamento - "reversal" in inglese).
La Catarsi, o rettificazione (nella traduzione di H.D.F. Kitto) fornisce gli strumenti attraverso cui l'arte (e la prova teatrale) rimuove gli elementi sanguinanti e penosi dell'interazione umana. Io ho usato le tecniche del Teatro-Forum nel campo degli affari e in situazioni professionali - a volte con la polizia, a volte in industrie che io considero socialmente biasimevoli (produzione di cibo industriale).
In ogni caso i laboratori furono contrattati con i Dipartimenti per le relazioni umane, focalizzandosi su abilita' umane di valore come l'eliminazione del razzismo e squilibrio di genere, eliminazione delle molestie, consulenza psicologica e miglioramento della comunicazione interpersonale e di gruppo. Con la polizia i laboratori furono focalizzati sul miglioramento delle abilita' di comunicazione e la tolleranza della diversita' per eliminare la violenza negli interventi domestici e di comunita'.
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Lavorare con gli oppressori.
In breve, ho lavorato con gente che e' facile etichettare come "oppressori". In tutti i casi io ho trovato che non c'e' differenza nel tipo di lavoro che faccio, senza riguardo all'ammontare di potere che hanno i partecipanti. Il lavoro teatrale produce potere personale, armonizza e pulisce il potere di gruppo e causa coscienza del potere sociale, economico e politico. Sono convinto che nessuna persona che attraversa questo lavoro non ne emerga migliore - umanizzata, coscientizzata, fisicamente piu' flessibile, piu' sensibile agli altri.
Si puo' argomentare che un oppressore piu' umano e' un oppressore piu' pericoloso. Io lavoro con queste persone perche' mi sento certo, tanto certo quanto la mia filosofia e fede possano rendermi, che il mio lavoro contribuisce all'eliminazione dell'oppressione. Non che il torturatore diventi un torturatore piu' efficiente, o che il venditore di armi diventi un venditore piu' efficiente, piuttosto ho introdotto un seme di coscienza sovversiva che alla fine rendera' impossibile per qualcuno continuare a essere un torturatore o venditore di armi (E, en passant, io non accettero' probabilmente mai un contratto per lavorare in questi settori). Il lavoro mi ha convinto che una parte del piu' importante lavoro che dobbiamo fare e' con gli oppressori. E' spesso il lavoro piu' duro, poiche' spesso gli oppressori sono piu' come noi (i Jolly) in privilegi, cultura ed educazione di quanto noi siamo simili ai gruppi oppressi con cui lavoriamo. Il mondo non cambiera' finche' sia gli oppressi che gli oppressori non cambieranno. Infatti e' il mio credo piu' pieno che ognuno di noi ha dentro di se' sia il potere di opprimere che la capacita' di essere vittima.
Noi abbiamo un bisogno disperato di animatori TdO che possano lavorare con violentatori cosi' come con vittime di stupro. Il TdO con gli oppressori non e' fatto per aiutarli a opprimere meglio. Io concordo pienamente sul fatto che nessuno dovrebbe usare i metodi di azione per migliorare l'abilita' della polizia di picchiare e spingere la gente a sottomettersi, o addestrare i venditori a imbrogliare e ingannare, o i burocrati a manipolare e distorcere il fine pubblico del loro lavoro.
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Arcobaleno del Desiderio.
Nemmeno si dovrebbe vedere la Drammaterapia come controrivoluzionaria: aiutare la gente a far fronte umilmente alle situazioni oppressive o diventare compiacentemente tollerante del malvagio. Questo e' spesso citato dagli attivisti come una ragione per rigettare gli approcci al cambiamento personale. Nessun terapeuta che ho incontrato vuole che la gente si sottometta all'oppressione, ma che diventi un essere umano piu' pieno allo scopo di cambiare la propria vita. Le tecniche dell'Arcobaleno si affiancano molto a quelle della Drammaterapia. Le differenze che ho visto (l'uso della tecnica in una sessione di grande gruppo da parte di Boal a Toronto, e di Diamond in un piccolo gruppo) e' che la l'Arcobaleno (ADD) sembra focalizzarsi sull'intreccio, sulle scelte di trame (o sui miti), mentre la Dramma-terapia (DT) cerca di andare al do sotto della superficie, per guardare ai bisogni umani piu' profondi in gioco nella situazione. Questi bisogni non sono meno universali della rete di potere che il TdO illumina cosi' abilmente. Ho visto Dramma-terapeuti realizzare molto di piu' negli stessi laboratori brevi di quanto ho visto nelle sessioni di ADD.
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Drammaterapia
Ricordo di aver visto (a Toronto) un video di un eccellente lavoro di David Diamond con un gruppo della Prima Nazione (nativi) nel Nordovest del Canada. Il lavoro di TdO era centrato attorno alla pena continua dell'eredita' del periodo delle Scuole Indiane, quando improvvisamente, penosamente, emerse alla superficie la questione dell'abuso sessuale da parte degli insegnanti Euro Canadesi e degli assistenti sociali. Osservando David dibattersi in qualche modo sotto il potere di questa questione, io richiamo il pensiero che li' c'era un'eccellente opportunita' per uno psicodrammatista o dramma-terapeuta, lavorando accanto al Jolly, di compiere anche un'altra trasformazione. Al Convegno dell'Associazione Nazionale di Drammaterapia nel 1996, Warren Nebe descrisse una serie di laboratori pre-liberazione in Sudafrica in cui tutti i metodi d'azione furono usati cosicche' la sofferenza personale pote' essere direttamente rivolta ai metodi di drammaterapia, gli elementi narrativi rispecchiati attraverso il Playback Theatre; il TdO fu usato preminentemente per aiutare i partecipanti a incontrare le forze potenti dell'oppressione, al lavoro nella loro societa'.
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Nessuna ortodossia.
Io voglio spingere a includere con cura e considerazione altri approcci e lavori alleati con altri metodi di azione teatrale. Voglio incitare il desiderio di riconsiderare il modo in cui noi etichettiamo o creiamo stereotipi di gruppi. E incitare i praticanti del TdO per evitare di curvare il meraviglioso lavoro di Boal in un'ortodossia fondamentalista.
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Roberto Mazzini risponde a Plotkin
Sono d'accordo su molte cose come la somiglianza delle tecniche, l'importanza di lavorare con gli oppressori per seminare dubbi e semi di umanita'. Ma dimentica una cosa fondamentale, la ricerca delle determinanti sociali e non solo psicologiche dei comportamenti, e quindi la ricerca attorno al ruolo, ai rituali, ai meccanismi di oppressione. Se un poliziotto diventa piu' umano ma continua a reprimere perche' ha questo mandato, se un insegnante continua a selezionare perche' ha questo mandato, se un dottore continua ad applicare l'elettroshock.... e non rimette in discussione il suo ruolo, i semi lanciati verranno presto sradicati dal quotidiano e dagli ordini superiori.
Primo assunto: spesso chi e' oppresso in una situazione opprime in un'altra, ci sono catene (leggi Pat Patfoort "Costruire la nonviolenza") e altre forme complesse di oppressione che impediscono di dividere il mondo in due: oppressi e oppressori. E' giusto; ma sono anche convinto che ogni specifica situazione puo' essere analizzata in termini di oppressione; Eichmann era bravo padre a casa e organizzava la morte degli ebrei come ufficiale SS. Allora non si tratta di dire che i poliziotti sono oppressori in generale tutti, ovunque e sempre, e i detenuti gli oppressi, tutti ovunque e sempre; ma si tratta di capire, studiare, ricercare attorno al loro ruolo, entrare nel contesto contrattando bene, obiettivi e condizioni, di lavorare su due piani: -- poliziotti come oppressi -- loro ruolo nel sistema globale del carcere e della societa'. Se la loro liberazione passa per l'oppressione di altri??? Vedo due rischi opposti: -- quello di ideologizzare e definire noi chi e' oppresso e lavorare solo con loro contro gli altri; ma e' una visione anche scientificamente falsa. -- E quello di considerare tutti indistintamente sullo stesso piano e lavorare con tutti nello stesso modo. Che trovo falsa perche' non tiene conto dei livelli di potere e status, delle diverse opportunita' che ognuno ha come gruppo sociale, dei diversi ruoli e mandati sociali, e delle situazioni concrete che vive. Non esiste solo la personalita' individuale. Non a caso Joel insisti tanto sulle abilita' e non citi l'aspetto organizzativo e di lotta socio-politica di un gruppo, come analisi dell'oppressione e mezzi di liberazione. Sottolinei l'individuo e non il gruppo e le alleanze possibili. Allora: lavorare con tutti? Si' se si contratta chiaramente e in accordo coi nostri principi si trovano le mediazioni sufficienti. No, senza questo. Anche gli oppressori sono oppressi e viceversa? Certamente. Anche perche' una persona riveste i due ruoli in momenti diversi. Non c'e' differenza tra TO e tecniche attive di altro tipo? Forse nelle tecniche no, ma nel processo che vuoi attivare, nella sequenza di uso, nelle cose che elabori e sottolinei o taci, nell'atteggiamento di base del Jolly, ecc. si'. Io ho visto lo psicodramma classico per esempio e l'attenzione era al passato, all'individuo; in quello analitico e' sull'interpretazione; il Direttore spingeva alla catarsi emotiva, il gruppo era nei ruoli secondo il volere preciso del protagonista, non secondo l'amalgama dell'immagine di cui parla Boal per il Flic.
Le abilita' che vengono rafforzate nei vari metodi sono proprio le stesse?
La coscienza di cui si parla puo' essere di analisi relazionale psicologica o anche socio politica. Incorporare cenestesicamente il cambiamento ha anche un risvolto sociale (maschera sociale)? Allenare abilita' nell'immediatezza si', ma quali? Di negoziazione o di mediazione, di assertivita' o di empatia?
Gli strumenti sono quelli Aristotelici?
Si' in senso molto generale: la consapevolezza, ma di cosa? e' cruciale. Una coscienza dei miei limiti e basta? O anche una del mandato sociale che ho? Dei meccanismi oppressivi anche o solo dei miei errori comunicativi?
Catarsi?
Secondo Boal e' un'altra cosa che mette in gioco il TO, la metaxis. Se usi il Forum per la catarsi, fai arrivare le persone a un alto stato emotivo, e poi? Il cambiamento e' solo emotivo? E' solo intimo? E' solo individuale? O ci sono elementi oppressivi comuni che vanno esplorati, oltre a livelli individuali?
Nell'esempio del lavoro con industrie, il miglioramento della comunicazione interna e l'eliminazione del razzismo sono casualmente funzionali sia alla proprieta' che ai lavoratori; ma in certi casi no. Sono comunque funzionali alla produttivita' dell'industria. Tu devi tener conto di questo mandato. Non per questo e' male, sia chiaro, anzi, piu' si eliminano certe cose e meglio e'. Ma per esempio, la miglior comunicazione porta a una maggiore eguaglianza interna di potere oppure e' fatta coi manager per trattare meglio i subordinati purche' non reclamino? I manager, si interrogano sul loro ruolo interno o no? I subordinati hanno voce in questo miglioramento della comunicazione o no? Devi chiederti queste cose e rispondere caso a caso, non puoi dire che siccome miglioro la comunicazione allora va bene; dipende anche da come la gente usa la comunicazione; si tratta di uno strumento per altro.
Il Dialogo di cui parla Boal non e' il parlare, ma l'essere presi sul serio, rispettato nei bisogni e diritti, in un'equa distribuzione del potere. I lavoratori interinali di McDonald sono soddisfatti delle condizioni di lavoro? La comunicazione e' sul tempo atmosferico o su questioni di lavoro, di potere, di rispetto, di valorizzazione umana? Lavorare con la polizia per usare piu' comunicazione e meno violenza ha gia' un altro senso. Ma c'e' anche un'interrogarsi della polizia sulle ragioni di chi reprimono o cambia solo il modo di reprimerli? C'e' una voce che viene dai detenuti o arrestati o il dialogo e' solo tra i poliziotti? Sono questioni importanti da porsi o ininfluenti per il nostro lavoro? Che le risposte siano difficili non ci esime dal farci domande. Gia' una buona domanda diceva qualcuno e' meta' della soluzione al problema.
Non si puo' prendere un unico segmento del sociale e dire se non tiene conto (in modi da vedere di volta in volta) del resto, del contesto, soprattutto di chi e' oppresso dai ruoli con cui lavori e dall'Istituzione per cui lavori. Se lavori per un'istituzione che consideri violenta, vorrai fare un'analisi della violenza interna e di come questa influenza il tuo gruppo di lavoro, o no?
Non c'e' differenza tra lavorare con oppressi o con oppressori (in una specifica situazione di dislivello di potere)?
Dipende. Se si lavora col TO io credo che all'inizio tu hai uno schema di ricerca abbozzato. Sto entrando in questa istituzione, lavorero' con queste persone, per che mandato? Per che obiettivi? Se lavoro con la parte piu' oppressa dell'Istituzione lavorero' per esempio sull'empowerment di gruppo e non solo individuale, perche' la propria voce sia piu' sentita. Se lavoro con figure intermedie, di cuscinetto tra il top e la base, lavorero' perche' si rendano conto del loro ruolo interno, perche' esprimano le loro esigenze di dialogo con chi non dialogano, cioe' con chi non li ascolta, spesso la dirigenza. In entrambi i casi lavorero' su aree comuni come i conflitti tra paralleli, le divisioni interne, le abilita' comunicative, ecc. ma il focus che da' senso al tutto e' molto diverso.
Il lavoro con gli oppressori e' il piu' importante?
Credo sia importante come l'altro, dipende dalla richiesta quale e' e dal piano di ricerca che mettiamo in atto. Gli oppressori sono spesso figure intermedie che giocano un ruolo assegnato loro dalla Istituzione di cui fanno parte. Non sono i cattivi, ma gli agenti di desideri altrui, dei vertici e delle paure sociali: in carcere, perche' parte dei cittadini si sentono piu' sicuri cosi'; a scuola, perche' c'e' bisogno di educare i giovani alle necessita' economiche delle aziende, ecc.
Il mondo cambiera' quando cambieranno entrambi?
Come persone siamo entrambi i ruoli in diversi contesti, ma questo non vuol dire che non siamo oppressori in uno e oppressi in un altro con ruoli distinti e responsabilita' diverse. La linea che divide oppressi da oppressori non passa tra due gruppi di persone in generale, ma in ogni situazione specifica, in ogni rituale sociale (direbbe Boal). Si puo' tracciare in una specifica situazione anche se non sempre. Esistono, voglio dire, specifiche situazioni dove una parte opprime l'altra e noi dobbiamo prendere posizione. Mi pare innegabile che tra torturato e torturatore (se non e' un rapporto sadomaso), tra sfruttatore e minore al lavoro, tra proprietario fondiario e contadini affamati, tra insegnante che seleziona e studente emarginato, ecc. si possa dire che un ruolo opprime e l'altro e' oppresso. Poi esistono situazioni piu' sfumate, meno chiare, che vanno ulteriormente indagate per verificare se i due ruoli sono distinti. Esistono anche catene di oppressione spesso, per cui si puo' dire che A opprime B nella situazione x e viene oppresso da C nella situazione y. Il mondo e' ricco di varieta', ma la cosa importante e' fare una ricerca sull'oppressione, non definirla a priori, ma nemmeno rinunciare a cercarla dicendo che tutti sono vittime.
Quindi va bene l'affermazione, ma e' generica. Inoltre credo che il mondo cambiera' quando gli oppressi faranno sentire la loro voce meglio e di piu' e indurranno cambiamenti e crisi nei ruoli oppressivi. Freire disse: .
Bisogna lavorare con violentatori e violentati?
Sicuramente. Anche con momenti comuni credo. Ma per cose diverse: alle violentate il TO serve per fronteggiare la violenza, ai violentatori per capire i loro problemi che li portano ad agire cosi', e per capire quello che fanno alle loro vittime. Non e' lo stesso lavoro!
Roma, percorso di ricerca sul Flic, Ottobre 2004: un momento del lavoro di ricerca delle connessioni tra storia personale e elementi socio-politici che realizza un'immagine complessa
DT e TO ROD sono simili? In certe cose, ma ROD pluralizza, cerca le cose comuni che vive un gruppo, gli atteggiamenti deboli che favoriscono l'oppressione, e cerca di rafforzare le risorse di gruppo e individuali. Non so cosa fa la DT, prendo per buono cio' che dice Joel: cerca i bisogni umani profondi mentre il TO-ROD cerca di sostenere il potere di cambiare le situazioni dolorose, il potere personale e collettivo e accrescere la coscienza, aggiungo io, delle determinanti sociali del mio malessere personale, di trovare le connessioni individuo-societa'. La sintesi tra i vari metodi, in una cornice di cambiamento globale (individuale e sociale e politico) mi trova d'accordo; temo invece i riduzionismi: cambiamento come cambiamento individuale, o intimo, o di sola coscienza, o di solo corpo, o di sola mente.
Esempi: 1) Ci fu chiesto di intervenire in una scuola media, in una classe che aveva un sacco di problemi, per creare un clima migliore di gruppo. Noi andammo e invece di lavorare solo sulle relazioni tra allievi chiedemmo a loro come creare una miglior situazione in classe. Uscirono molte proposte... e dopo parecchi passaggi inclusa l'accusa contro alcuni ragazzi identificati come capri espiatori, la classe intera propose come migliorare la situazione cambiando l'organizzazione scolastica. Alcuni insegnanti furono coinvolti come alleati, altri furono criticati, il Direttore fu chiamato e cosi' la situazione cambio' ma tutto il sistema fu influenzato dal nostro intervento. Noi non riducemmo il nostro lavoro solo a migliorare le relazioni tra ragazzi. Il senso e' completamente diverso, in una caso si lascia intatto il quadro esterno, come immodificabile, dato, giusto, astorico... si colpevolizza alcuni ragazzi come quelli che creano il problema... e si prova a migliorare la micro situazione. Nell'altro si interviene su tutto il sistema, considerando la micro situazione come segnale di malessere dovuto a tutto il sistema per come si e' organizzato storicamente. Cio' implica affrontare i ruoli, i rapporti di potere, l'organizzazione data, le scelte politiche.
2) Lavoro con gli agenti a Lauro; lavoreremo con figure oppressive, ma per gettare semi sul piano relazionale e socio politico anche. Non lavoreremo solo perche' genericamente imparino a trattare meglio i detenuti. Sempre senza trasmissione ma come ricerca. Poi sta a noi decidere se il ns. lavoro ha ancora senso o non piu' con quel gruppo. Se va allargato per esempio anche a dar voce ai detenuti, a chi non ha voce in questo dialogo. Se basta dar voce agli agenti perche' chiedano altre condizioni di lavoro meno stressanti... Ma questa e' deontologia professionale.
Sull'appello a non essere ortodossi? D'accordo se si tratta di non irrigidirsi in uno schema chiuso, ma trovo fondamentale fare delle distinzioni etico-politiche sul senso del lavoro perche' purtroppo grande e' la manipolazione oggi, piu' che la repressione (Robert Castel "Lo psicanalismo") cioe' ridurre i problemi socio-politici a dimensioni individuali e psicologiche. La critica alle strutture viene deviata sulla critica alle incompetenze personali nel comunicare (esempio la PNL per manager). E proprio per non fare ortodossia il TdO diviene ricerca sull'oppressione, senza stabilire a priori che siamo tutti ugualmente oppressi.
Non e' da mettere in discussione come svolgo il mio ruolo, ma anche il ruolo, cioe' la sua esistenza o almeno il mandato sociale. Pensa alla psichiatria: cosa avrebbe voluto dire lavorare secondo te Joel, con gli psichiatri che internavano? Come comunicare meglio l'internamento al paziente cosi' che non venisse picchiato? O lavorare con chi voleva il cambiamento, anche eventuali psichiatri in crisi, ma per riscrivere il proprio ruolo contenitivo, evitare la violenza dell'elettroshock e favorire una maggiore accettazione del malato mentale nella societa'? Cosa fece Basaglia? Apri' i manicomi, creo centri diurni e cooperative di lavoro... Lo stress da burn-out e' una chiave per ridefinire i ruoli, va presa per le sue potenzialita'. L'agente che e' in crisi per la gestione dei detenuti puo' scoprire che dipende dai ritmi di lavoro, dalle richieste sociali e non solo da suoi limiti comunicativi. L'obiettivo che nell'esercito americano siano meno razzisti e' importante quanto che il soldato si renda conto del suo ruolo nell'invasione dell'Iraq o nel fomentare disordini in Nicaragua? La coscienza politica e' contemplata dalla DT??? O si orienta al cambiamento solo personale e nella micro situazione? Questo e' il limite di certi metodi.
Il TdO mi pare piu' completo perche' non nega un cambiamento individuale ma lo inscrive nel piu' ampio, cerca i collegamenti tra i vari livelli e piani. Discende da una concezione antropologica: se l'uomo e', marxianamente, un essere storico-sociale che crea incessantemente la sua essenza creando le condizioni di esistenza reali, allora il cambiamento deve essere storico sociale. Se l'uomo invece, come dice la Chiesa o la psicanalisi ha un'essenza immutata nei secoli, il fulcro del cambiamento sara' l'individuo. Ma l'unica cosa immutata nei secoli e' la capacita' dell'uomo di creare mille culture e di crearsi un'essenza storica mutevole. L'essenza dell'uomo data dalla psicanalisi e' l'essenza dell'uomo occidentale dell'800 (nella sua prima versione) con le pulsioni represse dalla societa'. Oggi gia' piu' che repressione e nevrosi isteriche abbiamo la perdita di senso per consapevolezza di non poter esprimere le proprie potenzialita', voler fare tutto e coscienza del limite, sradicamento dalla comunita' e narcisismo nella relazione con gli altri. Su questo ci sono gli scritti di Lucien Se've, l'interazionismo simbolico, le letture di Fromm e della scuola di Francoforte, ecc. Sergio Piro afferma chiaramente che ogni teoria puo' cogliere degli aspetti dell'essenza umana, ma non puo' dire "ecco cos'e' l'uomo" fino in fondo perche' e' mutevole e storicamente determinata.
Vorrei chiedere a Joel: ma esiste una distinzione tra manipolazione, cambiare qualcosa per non cambiare nulla, cambiamento reale? Ci sono modi errati di usare tecniche attive? E quali sono? Tutti le usano secondo fini di cambiamento condivisi da tutti?
Esiste l'oppressione? O e' solo una cattiva relazione psicologica con se' o con gli altri? O non esiste oppressione, se non in casi estremi di violenza fisica? Il torturatore e' un oppressore quando tortura? Il poliziotto che disperde una manifestazione pacifica e' un oppressore? Il venditore della Nestle' che vende latte in polvere in Africa e fa ammalare cosi' i bambini per infezioni e' un oppressore? Il Direttore del McDonald che vende cibi spazzatura e licenzia i lavoratori dopo averli fatti lavorare 11 ore e' un oppressore? L'agente che picchia il detenuto senza motivo? Il Preside che non vuol ascoltare i problemi degli insegnanti? La classe che costringe... ? Sono essi oppressori in quel preciso momento e ruolo o no?
E il fatto che se le condizioni date non si toccano o non si interrogano allora non resta che scannarsi tra oppressi? Se la scuola deve selezionare, incrementare l'aspetto cognitivo a scapito di quello relazionale e poi le classi diventano ingestibili e i professori reprimono i ragazzi, il reale conflitto e' prima della scuola o no? Oppure cerchiamo, data la situazione, un accordo accomodante? Se nell'ospedale i ritmi di lavoro determinati dai tagli alla spesa pubblica inducono le infermiere a trattare frettolosamente i malati, le infermiere sono oppressori in prima istanza, ma anche oppresse da chi ha tagliato i fondi, da chi lo accetta e riduce gli organici... o no? E allora basta un semplice lavoro sulle abilita' e la comunicazione?
Una check list per tenere sotto controllo il proprio lavoro.
- Chi mi paga e perche' per questo intervento?
- Cosa vuole esplicitamente e cosa vuole realmente coincidono?
- Il sistema in cui entro com'e' strutturato a livello di oppressione-monologo?
- Chi ha potere e chi meno?
- Quelli con cui lavorero' sono la parte con meno potere?
- Se si', che ruolo hanno nella struttura?
- Che oppressioni vivono e che oppressioni agiscono?
- Ne sono consapevoli?
- Come posso tener conto di tutto cio' per un progetto di cambiamento? Qual e' il cambiamento possibile?
- Che alleanze devo mettere in campo per gli obiettivi posti?
- Il cambiamento che mi pongo e' su piu' piani o su l'unica dimensione individuale psicologica relazionale?
- Comprende anche coscienza e cambiamento? Comprende i livelli individuale, di gruppo, di organizzazione e di sistema? La dimensione psicologica corporea e socio politica?
Per il momento e' tutto, attendo critiche e contributi per approfondire. Grazie a Joel che ci permette di dipanare queste intricate questioni.
Roberto Mazzini
RE 19-4-2003